Marina De Stasio

dal catalogo della mostra

“CLAUDIO BORGHI: LA FORMA DEL REALE”

 

Il discorso della scultura di Claudio Borghi si sviluppa da un'opara all'altra con un ritmo inizialmente fluido, naturale, come la superficie ondulata di uno specchi d'acqua o come la chioma dell'albero percorsa da un brividi di vento, poi, nel tempo, sempre più frammentato, sincopato, simile all'agire dell'uomo, scandito e interrotto da ostacoli, blocchi, appuntamenti sempre rinviati.

L'evoluzione di questa scultura nel corso di questi ultimi anni è una storia raccontata dalla,luce, che prima scivola uniforme, con scarti impercettibili, sulla superficie appena mossa,  quasi piana, e che ora, negli assemblaggi di ferro, appare franta, articolata dalle giunture rilevate, costretta a scendere per ripidi pendii, a farsi risucchiare dalle cavità e dagli anfratti. E' una vicenda dello spazio: prima, spazio qquasi bidimensionale, delimitato da una sagoma ovale di uno specchio o di uno scudo, oppure dall'idea dell'albero, forma che si alza sottile per dilatarsi in senso orizzontale; poi spazio fondo, tridimensionale, che avvolge o si lascia avvolgere, luogo dove lo sguardo viene attratto e costretto a immergersi e concentrarsi; spazio indefinito, interrotto, come un foglio strappato e accartocciato che nei margini irregolari portano il segno della lacerazione. E' un percorso della materia: il gesso patinato, materia tattile, sensuale, quasi untuosa alla vista, prima; poi il ferro, materia forte, aspra, sezionata e ricucita dal segno scuro e spesso della saldatura.

In queste opere recenti, si pone come mai prima il problema del colore: il colore del tempo, la ruggine, colore-materia che il ferro porta su di sè e dentro di sè, e il colore dello spazio, l'oro,  colore spirituale senza profondità nè confini, che nega la materialità terrestre del ferro. La scultura, fatta di materia pesaante, tende alla leggerezza, al volo: si spiega nell'aria come uno stendardo, si alza flessuosa come un corpo di donna, oppure si distende come un paesaggio, forma unitaria in cui cielo e terra sono suturati dalla linea d'orizzonte.

Stefano Crespi, nella bella monografia edita dalla Cassa Rurale ed Artigiana di Barlassina, indica i termini dialettici della ricerca di Borghi....

...Se non si può dare un senso al rteale, si può almeno tentare di dargli una forma, non una forma imposta e sovrapposta, ma una forma insita come potenzialità nella materia e nella visione,  che la mano dello scultore può liberare. L'emozione, per quanti intensa e fondamentalmente llibera, vuol essere arginata, controllata dalla razionalitàgeometrica; I disegni di Borghi ci aiutano a capire: paesaggi resi astratti dalla lontananza, ritagliati dalle forme geometriche dei campi coltivati, scanditi dagli alberi da una sorta di punteggiatura. La forma morbiba del terrenoondulato accoglie senza contrasti la trama dei segni tracciati dall'uomo, e anche l'albero si apre liberi nell'aria, ma le sue radici sono dove la mane dell'uomo ha voluto che fossero.

Riconosciamo ueste tematiche nelle sculture, che si confrontano con noi come presenza silenziosa ma tenace, persistente; opera non chiassosa e spettacolare, come esigerebbe la moda, ma che sa quietamente imporsi,non si lascia ignorare; ardua eppure non priva di grazia, brusca e tenera come può essere l'anima lombarda.

 

aprile 1991