Caterina Corni

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Sembra che i disegni di Claudio Borghi diano struttura a luoghi o oggetti che, secondo una lettura razionale, appaiono astrutturati. “Dove gli angeli dubitano”: lo spazio indefinito e, apparentemente irreale, viene “materializzato” dall’artista attraverso stesure disomogenee di colore bianco, sulle quali si staglia, imponente, l’immagine del luogo- simbolo, essenziale, ma che lascia intravedere contrasti, passaggi tonali di colore (sempre rigorosamente scuro), segni, trame e trasparenze. Altro valore fortemente simbolico assumono: “Studio per porta” e “Porta rossa”. Visione frontale dell’oggetto che sbarra, ma non univocamente; dell’oggetto che stabilisce contatto tra finito e infinito, tra interno ed esterno, dell’oggetto che, da semplice struttura della nostra quotidianità, può trasformarsi in magico passaggio verso l’ignoto;come se quella inquadratura, delimitata dalla sagoma della porta, celasse forme, figure, suoni...

Qui, i segni sottili si ispessiscono, sono continui e spezzati, si aggrovigliano, divengono quasi graffiti sullo sfondo rosso acceso o bianco o sullo stesso nero. Borghi non si limita ad utilizzare la superficie, il suo e’ un processo di costruzione attraverso il gesto-movimento, ora rapsodico e carico di tensione, ora leggero e profondamente armonico.

Una superficie, dunque, che vive nel segno e per il segno, unico generatore di quella forza e potenza di cui sono cariche le sue opere.

Una duplice lettura e’, a mio avviso, legata ai lavori: da una parte immagine come schizzo plastico e illustrativo; dall’altra, invece, immagine come esperimento sui processi cognitivi.

Ogni disegno racchiude infiniti flussi vitali che si espandono, penetrando ogni singolo piano e ogni singola forma; continuamente si spostano, cercando accordi, interazioni, combinazioni. Ne deriva un rapporto ora lento ora veloce del segno con la materia. Quello stesso segno che sempre ritorna, velandosi nei neri, accentuandosi nei rossi, placandosi nei bianchi.

Caratterizzate dalla massima riduzione cromatica e figurativa, le immagini di Borghi non smettono mai di mantenere vivo il movimento che le ha create.

2004